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Sulla privatizzazione del servizio idrico PDF

Qualcuno ha gridato che si privatizzava l'acqua. In verità il progetto è quello di provatizzare il sistema idrico che come spiega il prof. Gilberto Muraro merita di essere fortemente esposto al mercato ed alla concorrenza non solo dai privati.

Aggiungiamo, all'articolo del economista, che maggiore attenzione e prudenza nella sceltà, comunque importante e necessaria, del sistema da adottare consentirebbe di evitare il ripetersi delle privatizzazioni delle TLC e dell'energia fin'ora avviate.

 

Acqua, l'impresa pubblica entri in gara

Privatizzazione del sistema idrico: veri e falsi problemi

di Gilberto Muraro 

L’acqua è  essenziale;  ma  non è un buon motivo per parlarne in termini emotivi anziché razionali. Dopo l’approvazione della legge sulla “privatizzazione dell’acqua”, è bene quindi ricordare  alcuni incontrovertibili aspetti tecnici della questione.
Acqua e rete sono e restano pubbliche; è il  servizio idrico – captazione, adduzione, distribuzione dell’acqua potabile nonché  raccolta e depurazione delle acque reflue – che può finire in mano ai privati. Tale servizio è costoso, sicché bisogna affrontarlo con un’ottica economica proprio per riuscire a fornirlo a tutti in modo adeguato. Per il legislatore italiano, che ha affrontato il problema 15 anni fa  con la legge Galli ( legge 36/1994) , ciò significa tre cose:  superare la dimensione municipale;  unificare  tutta la filiera dell’acqua, dalla captazione alla depurazione; e attivare un maggior controllo sociale, facendo  pagare  tutto  agli utenti, senza più deficit scaricati sul  contribuente. Il  legislatore europeo  ci  ha poi ricordato l’obbligo di scegliere il gestore mediante gara, in modo che vinca l’impresa, privata o pubblica,   più efficiente, quella cioè che si impegna a rispettare al minimo costo  tutti i vincoli posti dal regolatore pubblico in tema di investimenti, di qualità del servizio e di tariffa massima. La norma italiana ha  recepito  gli  indirizzi europei ammettendo solo in via eccezionale l’affidamento diretto, cioè senza gara, a una società  tutta pubblica e individuando invece come normali   due modalità alternative:  gestore, privato o pubblico,  scelto mediante  gara; oppure  affidamento a impresa mista in cui il socio industriale privato, con larghi compiti di gestione, abbia  almeno il 40% del capitale e sia scelto mediante gara. In conclusione, gestione industriale del servizio, senza preclusioni per il pubblico ma nemmeno per il privato.
Su questa base può iniziare il confronto di opinioni. Tesi: il privato abbassa la qualità e alza le tariffe per guadagnare di più. Replica: certo lo farebbe, se potesse; ma è vincolato dagli indirizzi fissati dal regolatore pubblico. E’ il  regolatore pubblico che, nei Piani di ambito, detta la qualità del servizio e le  tariffe. E’ vero che queste sono  gradualmente crescenti per circa 15 anni, con una crescita complessiva molto diversificata nel paese ma  in media attorno al 50%; e ciò perché   dagli anzidetti   Piani elaborati in ambito pubblico  risulta un fabbisogno nazionale di investimenti nell’arco di 30 anni pari a   60 miliardi di euro, di cui  circa metà per acquedotti e metà per raccolta e trattamento delle acque reflue. Altra tesi:comunque il privato costa di più, perché aggiunge il profitto ai costi, mentre il pubblico si accontenta del pareggio. Replica: sarebbe vero a parità di efficienza; ma se fosse sempre valida questa ipotesi , il mondo avrebbe visto il trionfo dell’economia sovietica e il collasso dell’economia di mercato, mentre è successo il contrario. In realtà, la  ricerca del profitto spinge normalmente ad un incremento di efficienza che supera  il profitto stesso e quindi avvantaggia anche gli utenti. Il che non vuol dire che mai l’impresa pubblica potrà essere altrettanto efficiente della privata. Qui si  sostiene soltanto che  non si può dare per scontato che lo sia . Serve perciò  un test;  ed è appunto la gara, che l’impresa pubblica efficiente potrà affrontare e vincere.
Non ci sono quindi motivi di principio per osteggiare la nuova legge. Più fondato è invece il timore  che il settore pubblico non si attrezzi a svolgere bene il mestiere di regolatore. Ma la soluzione sta nel fare buona regolazione -  individuando le persone, le regole e le  procedure appropriate – non già nel negare   a priori una ricerca  dell’efficienza che promette di meglio tutelare gli utenti.

Il Mattino di Padova, Venerdì 20.11.2009, pg.1 e pg.7

 
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