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Dati che fanno paura, ma la speranza resta PDF
domenica 21 febbraio 2010

Mentre cavalca la polemica in Italia tra gli economisti ed il Ministro Tremonti in merito alla crisi economica, in Europa la questione è tra gli stati "P.I.G.S." oppure "P.I.I.G.S". Al fine di contribuire a far comprendere la questione economica, crediamo interessante segnalare l'intervento del prof. Gilberto Muraro apparso per Il Piccolo di Trieste lo scorso 14 febbraio 2010.

 


Prof. Gilberto Muraro

Si ripete il controcanto dell’Istat , con il duro linguaggio  delle cifre,  al quotidiano tutto va bene  del Governo.  Poco tempo   fa   si festeggiava il +0,6% del Pil  del terzo trimestre 2009 rispetto al secondo. Oggi si piange il - 0.2 % del quarto trimestre rispetto al terzo. Valori comunque bassi, per non dire irrilevanti. Ma è  la direzione di marcia  che conta in questi casi; e  l’inversione di rotta, rispetto all’avvio di ripresa,  fa paura. D’altro lato il Governatore Draghi, nel suo discorso al Forex,  ha confermato  la solidità del sistema bancario italiano ma  sottolineato  anche la persistente  restrizione del credito alle imprese, la caduta  dell’occupazione  (600.000 disoccupati in più  a fine 2009 rispetto a luglio 2008), il rischio di una caduta dei consumi e del prodotto. E  inoltre ha  denunciato  la dannazione del declino relativo che dura da quindici anni , quel restare indietro rispetto agli altri  anche quando le cose vanno bene.  A  questo peggiorato quadro nazionale si aggiunge ora il deterioramento del quadro internazionale: lo  scoppio della crisi greca  e i timori su Spagna e Portogallo e Irlanda  hanno indebolito l’euro e reso nervoso, per usare un eufemismo, il mercato finanziario internazionale. 
Il  quadro italiano ci conferma  nella richiesta , più volte espressa su queste colonne, di  una politica  anticiclica più attiva rispetto alla strategia dell’attesa di Tremonti. Ma è giusto riconoscere oggi il preminente rilievo dello scenario internazionale: solo se l’euro e l’Europa  reggono, anche noi potremo ripartire.  Occorre quindi chiederci se a livello internazionale non si stia concretizzando l’incubo dell’evoluzione a W che si era manifestata nella depressione del ’29 e che è  stata profetizzata dai pessimisti anche per questa crisi : un percorso che torna indietro dopo un iniziale cenno di ripresa. Sono convinto di no. Cina, India e Brasile stanno marciando forte. Gli Stati Uniti segnano un modesto +1,4 % nell’ultimo trimestre del 2009, ma è pur sempre un passo avanti. Le cadute dei titoli azionari, non drammatiche peraltro, risentono dei timori della borsa sul  futuro innalzamento dei saggi di interesse; ma il segnale contiene in sé anche un annuncio  positivo, perché significa che  gli speculatori prevedono  che in futuro la politica monetaria potrà non essere più espansiva a fronte di una ripresa consolidata. In realtà il rialzo del saggio non si manifesterà  né domani né dopodomani, né di qua né di là dell’Atlantico, perché tutti i governi occidentali sanno che non è ancora il tempo di restrizioni. Solo  la Cina può permettersi di fare subito qualche passo in tal senso, e infatti vi è stato  proprio nei giorni scorsi  un secondo aumento del saggio;  ma essa si muove con  un’ estrema gradualità che appare compatibile, anche nel  giudizio degli organismi internazionali, con la crescita sostenuta della  sua economia reale. 
Continuiamo quindi a credere nella ripresa, pur sapendo che essa sarà irregolare, lenta, tormentata nonché  bisognosa di cure  che  nel frattempo diano regole adatte ai mercati finanziari e  ai sistemi bancari.   E speriamo che l’Europa sappia trarne la lezione giusta dall’odierna paura  sulla tenuta dell’euro. E lezione giusta  non significa solo individuare, qui e subito, il corretto mix di impegni di risanamento fiscale per i singoli paesi, in primis per la Grecia,  e di sforzo finanziario comunitario. Significa , in termini ben più ampi, decidere di muoversi verso una più forte integrazione dei sistemi reali. E’ infatti  sempre più evidente che  non si può confidare in eterno sul miracolo dell’euro, ossia  di una moneta unica senza una forte comunità politica. Come ha detto Draghi, dieci  anni fa la nascita dell’euro fu accolta da “ cori  entusiasti  che celebravano la meta raggiunta insieme all’impegno a resistere a ogni ulteriore integrazione”: la crisi ha portato sofferenza ma  pure  saggezza, si spera,  e ora è tempo di “ richiedere anche un più forte governo economico dell’Unione”.

 
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