Intervento del Prof. Gilberto Muraro su Il Mattino di Padova, 17 marzo 2011 in occasione dell'Anniversario dell'Unità d'Italia.
Tra attese e delusioni, è tempo di un nuovo Risorgimento. Non è il paese che sognavo, ha scritto il Presidente emerito Ciampi. Eppure, con le poche forze che gli restano, egli continua la sua battaglia per infondere negli italiani amor di patria e volontà di ripresa. E’ questa la chiave per vivere nel modo più proficuo le attuali celebrazioni. Attese e delusioni hanno caratterizzato tutta la storia unitaria, in particolare nel primo cinquantennio che , più ancora del secolo successivo, sta al centro delle odierne rievocazioni. Delusi i veri padri del primo Risorgimento, eroico, repubblicano, democratico: Cattaneo muore esule in Svizzera dopo aver rifiutato il seggio nel parlamento monarchico, Mazzini muore a Pisa sotto falso nome e Garibaldi chiude la sua epopea come eroe celebrato ma emarginato a Caprera. Delusi i contadini del Sud che avevano sperato nella rivoluzione sociale e non sanno che farsene di una rivoluzione liberale, tanto da alimentare il brigantaggio in vaste aree del meridione . Delusi i patrioti per il disastroso svolgimento della terza Guerra d’indipendenza. E delusi poi tutti gli italiani per la durissima vita economica degli ultimi decenni dell’800, che provoca l’emigrazione di massa. Sono le delusioni storiche che oggi alimentano i movimenti neoborbonici del Sud e le recriminazioni antiunitarie dei leghisti veneti, per i quali l’adesione del Veneto all’Italia ha portato solo miseria. Ci sono forti attenuanti, e in qualche caso valide giustificazioni, per gli eventi ricordati. Molto probabilmente le condizioni internazionali non consentivano la creazione della Repubblica, le sconfitte di Custoza e Lissa sono da addebitare a cattivi comandi e non a mancanza di valore, la dura politica fiscale era inevitabile per salvare la finanza pubblica di uno Stato povero e indebitato; la miseria e l’emigrazione erano in buona derivanti dalla grande depressione che colpì l’intera Europa tra il 1870 e il 1990. Ma non è questo il punto essenziale. Ciò che conta è che , comunque, il saldo dei benefici e costi dell’unità è stato largamente positivo. Anche sul piano economico e sociale, poiché l’unificazione territoriale ha rappresentato la via per entrare nella modernità, creando un’estesa rete ferroviaria, riducendo il latifondo, combattendo l’analfabetismo . Ma soprattutto sul piano civile e politico, perché almeno in questo Mazzini aveva avuto successo: nel far capire agli italiani , secondo le parole di Mameli, che nei secoli erano stati calpestati e derisi perché non erano popolo, perché eran divisi. Fu Risorgimento nel senso più vero del termine, un popolo morto che tornava a vivere. Tutto il resto passa in secondo piano. Qualcosa del genere, per fortuna in termini molto meno drammatici, vale per l’ultimo mezzo secolo di storia unitaria. La Repubblica del 1946 , edificata sulle rovine materiali e morali delle guerra perduta e sul riscatto operato dalla Resistenza , prometteva di volare alto. Secondo le parole di De Gasperi, essa armonizzava in sé” le aspirazioni umanitarie di Giuseppe Mazzini, le concezioni universalistiche del cristianesimo e le speranze internazionaliste dei lavoratori”. E ora vediamo l’Italia ridicolizzata sul piano internazionale dagli intrattenimenti del capo di governo, classificata tra gli stati più corrotti e lacerata da spinte alla secessione. Delusioni profonde , che producono scoramenti e tentazioni di rifugiarsi ognuno nel proprio guscio individuale e famigliare. E invece, come insegna Ciampi, bisogna tornare allo spirito della Resistenza e della Costituzione, allo slancio epico del miracolo economico, al sacrificio dei soldati della prima guerra mondiale, al ricordo degli eroi del Risorgimento repubblicano, alla voglia di ritrovarsi in tanti a edificare un Paese migliore. |