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Il Nordest guida per la Costituente. PDF

Troppo seria la questione per strumentalizzarla. 

Il Veneto è la regione capofila della richiesta di federalismo (passata dalla secessione al federalismo fiscale), ma è anche quella che più di altre si disgrega. Prima Lamon, poi Cinto Caomaggiore adesso Sovramonte sono tutti paesini che vorrebbero essere trentini e non veneti. Belluno vuole la sua "specificità". Ora, tra il serio e il faceto, la vuole anche il Polesine. E’ solo l’effetto del chi di spada ferisce di spada perisce? No. La questione è più complicata.

La Germania che è uno dei più grandi paesi europei di stampo federalista è anche il paese europeo più suddiviso d’Europa, prima etnicamente poi amministrativamente. E’ una specie di paradosso sistematico: i paesi a struttura famigliare del tipo di quella del Veneto (Germania, Svizzera, parte della Spagna, Scozia) hanno una fortissima identità localizzata e abbisognano di una struttura istituzionale molto articolata per governarsi. Insomma il federalismo è una soluzione politica per "tenere insieme" le spinte disgregatrici. Il Veneto, oggi, si ritrova ad aver accentuato aspettative di autonomia senza poterle realmente praticare: una popolazione di 4 milioni e mezzo di abitanti nulla può nei confronti degli altri 54 milioni. Non solo, ma storicamente le regioni che hanno ottenuto lo statuto speciale hanno innescato prima dei rapporti di forza: non dimentichiamo che l"autonomismo siciliano o altoatesino o sardo sono ricorsi al terrorismo etnico. Dunque i veneti, oggi, sono in un "cul de sac" politico: se spingono sul federalismo e/o autonomismo si disgregano, se ritornano al nazionalismo... si disgregano lo stesso.

Durante il dibattito del Consiglio regionale del Veneto sulla richiesta di autonomia da inviare al Parlamento il Presidente Galan ha detto: "mi domando, da Presidente della Regione, se questa proposta aiuterà Roma a capire cosa sta succedendo qui. Ci sono minacce di sgretolamento del Veneto e io spero che in quest’aula nessun consigliere si sottragga al suo dovere di difendere l"integrità, anche territoriale, del Veneto." Insomma la questione non si risolve più con la tattica politica che può essere utile a fomentare il popolino oppure per agganciare, da una parte o dall’altra, pezzi di leghisti fondamentalisti o il PNE di Giorgio Panto. Qui si tratta di una questione di disgregazione di identità e, appunto, di territorio. Il Veneto che diventa secessionista di se stesso, l’Alto Adige che chiede la tutela ufficiale all’Austria, il Trentino che traccheggia ma i nuovi comuni non li vuole e il Friuli Venezia Giulia che pensa all’Euroregione.

A questo punto non si tratta di rendere il processo reversibile: non è una questione di scelta perché i cittadini hanno già scelto, se ne vogliono andare. La questione, piuttosto, è di prendere in carico questo problema seriamente e fare del Veneto la regione porta-bandiera della riforma istituzionale tutta intera, non di un pezzetto. Il Veneto proponga non il passaggio facile dell’autonomia regionale (che poi potrebbe essere ampliato a tutte le regioni e quindi tutto cambierà per restare uguale), ma di una proposta di nuovo sistema istituzionale da dibattere nel luogo più appropriato e legittimo: l’Assemblea costituente.

Se l’unità d’Italia è stata fatta dal Regno di Sardegna e dai meridionali (è per questo che non abbiamo mai avuto un Presidente della Repubblica veneto!), faccia il Veneto, o tutto il Nordest (visto che il problema riguarda molto anche le regioni confinanti), una proposta seria di riassetto costituzionale. Col federalismo fiscale non si andrà da nessuna parte anche perché è frutto di un accordo tra classi dirigenti nazionali (ministro Lanzillotta) e locali (governatori di Veneto e Lombardia) per non disturbarsi a vicenda.

Antonio Gesualdi, pubblicato su www.terzarepubblica.it il 12 aprile 2007

 
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