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Č in Friuli il cervello del mondo ad alta tecnologia PDF
domenica 22 aprile 2007

Ragazzi, qui c'è la seria probabilità di restare tutti disoccupati. Ve la sentite di mettervi in proprio? Di aprire una nostra fabbrica?" Roberto Siagri riunisce un gruppo di ex compagni dell'università nel tinello di casa: hanno un'aria triste, perché sanno che l'onda lunga della crisi dell'industria informatica, alla fine degli anni Ottanta, li sta travolgendo. E certo non si aspettano una proposta tanto azzardata dal capo del piccolo branco. Ma lui, il figlio di un sarto di Pravisdomini, un paese in provincia di Pordenone, è abituato a sognare da bambino, con il naso incollato davanti alla tv per ammirare lo sbarco degli astronauti americani sulla Luna. E quando i genitori decidono di emigrare a Stoccarda, per aprire una gelateria, Roberto si mette a studiare. Liceo scientifico a Motta di Livenza, poi l'università di Fisica a Trieste: gli studi giusti per entrare, come progettista, nell'Asem, un'azienda della zona, specializzata nella realizzazione di pc da ufficio. Sul lavoro, Siagri ritrova la comitiva degli anni dell'università e, di fronte al rischio di un licenziamento collettivo, alza la posta per giocare la partita della sua vita. Sfidare proprio loro, gli americani, in un terreno nel quale sembrano imbattibili. L'industria della micro e nanoelettronica. Computer sempre più piccoli, anche un centimetro per un centimetro. "I miei compagni mi guardarono con un aria sconcertata, anche perché nessuno di noi aveva una lira, ma capirono che dovevamo provarci, non c'erano molte alternative a quella scommessa... " ricorda Siagri.

La società Eurotech e la sua fabbrica delle idee nascono dunque, con il patto di ferro di sei amici, sotto la spinta di uno stato di necessità. Del gruppo, con Siagri, fanno parte Stefano Cotterli, anche lui fisico; Paolo Bais e Giorgio Pezzulli, ingegneri elettronici; Dino Ferragotto e Roberto Chiandussi, periti elettronici. La prima sede è un capannone a Majano, quindici chilometri da Udine, dove si era appena bloccata, con un fallimento, una produzione di scarpe. L'organizzazione della fabbrica è spartana: una linea telefonica, niente segretarie, luci accese solo quando è indispensabile. Per pagare la prima pagina di pubblicità su una rivista specializzata, i sei soci decidono di rinunciare al riscaldamento e lavorano infagottati nei cappotti.

La situazione era molto difficile, dopo pochi mesi rischiavamo il fallimento, la stessa fine di chi ci aveva preceduto in quella benedetta fabbrica, - racconta Roberto Siagri. - E non andava meglio a casa, dove mia moglie minacciava il divorzio. "Sei un incosciente, con due bambini piccoli e una famiglia da portare avanti, hai rinunciato a un posto di dirigente per ficcarti in questa pericolosa avventura", diceva. Francamente, non aveva torto...

L'ossigeno che salva Eurotech arriva con le prime commesse, schede per computer e progettazioni per conto terzi. Ma, all'inizio, anche i clienti sono a rischio.

Una mattina mi cerca con urgenza il direttore dell'unica banca che ci aveva fatto credito, - ricorda Siagri. - Appena mi siedo di fronte a lui, mi sventola sotto gli occhi un foglio e urla: "Questa è carta straccia, non me la faccia mai più vedere". Mi sento come un bambino di terza elementare sgridato dalla maestra, e a fatica capisco che si tratta di una ricevuta bancaria, andata insoluta, di uno dei nostri clienti. Leggo, e dico: "Scusi direttore, ma non è colpa mia". E lui: "I casi sono due. O i vostri prodotti non funzionano, oppure avete, come clienti, dei pessimi pagatori. In entrambi i casi, la sua azienda è destinata a morire". Terminata la requisitoria, il direttore mi comunica che il conto corrente è bloccato e non posso più staccare assegni fino a nuovo ordine.

Dieci anni dopo, invece, Eurotech è una multinazionale dell'high-tech, quotata in borsa, con l'obiettivo di entrare nel club della Silicon Valley, tra i più grandi produttori del mondo di sofisticatissime tecnologie, e di trascinare il fatturato a una quota tra i 150 e i 200 milioni di dollari. La fabbrica delle idee è piccola, flessibile e aggressiva. Vi lavorano sessanta dipendenti, concentrati ad alzare l'asticella della ricerca e a ridurre l'intelligenza di un chip a smart dust, polvere intelligente. Quella che è servita, per esempio, per brevettare in Friuli il computer da polso. Si indossa come un orologio e può svolgere in tempo reale una serie di funzioni. Il chirurgo, durante l'intervento, ha entrambe le mani libere, non deve più alzare gli occhi, controllare le radiografie e i valori del paziente, perché è tutto registrato nel piccolo apparecchio sul polso; il vigile del fuoco, quando affronta l'emergenza di un incendio, non brancola più nel buio, ma attraverso il minicomputer è in grado di sapere esattamente da dove sono partite le fiamme. Oppure l'anello magico, un altro prodotto che Eurotech vuole realizzare nel giro di pochi anni, un dispositivo elettronico, utile innanzitutto alle persone anziane, che si porta al dito per controllare, 24 ore su 24, i valori della pressione e del battito cardiaco. Se qualcosa non quadra, scatta immediatamente l'allarme a un recapito telefonico o a un centro di assistenza.

(...) Grazie alla crescita dei suoi prodotti, la Eurotech ha potuto cambiare i connotati ed è riuscita a fare quello che le imprese italiane poche volte riescono a realizzare: l'acquisto di aziende straniere. Il primo colpo è stato in America, con l'acquisizione della Parvus, una società con sede a Salt Lake City che ha sempre lavorato con il Dipartimento di Stato americano. E i sessanta cervelli di Amaro, in provincia di Udine, dove intanto la società ha trasferito la sua fabbrica, hanno partecipato alla gara per il nuovo pilota automatico da inserire nei veicoli militari degli Stati Uniti. Il Congresso americano, infatti, ha approvato una risoluzione con la quale è stato fissato l'obiettivo di portare, entro il 2015, al 30 per cento la percentuale dei mezzi da guerra senza uomini al comando, ma mossi soltanto dalle onde del pilota automatico. Una rivoluzione alla quale, attraverso la Eurotech, partecipano anche gli italiani. Secondo colpo, con un assegno di 26 milioni di dollari, per portare a casa l'inglese Arcom Control Systems, leader nella microelettronica in Gran Bretagna. E giù un'altra invenzione dalla fabbrica delle idee: un supercalcolatore, tra i più potenti al mondo, che esegue sedici miliardi di operazioni al secondo. Poi, a seguire, la francese Erim a Lione, specializzata nel settore dei trasporti (un mini-computer fa scattare l'allarme quando al guidatore della macchina prende sonno, un altro legge il peso dei rifiuti raccolti dal camion) e la finlandese Vikerkaar Oy, trasformata in Eurotech Finland, che gestisce il mercato cinese dopo l'apertura di un nuovo laboratorio di ricerca all'Università di Nanchino. E ancora: un nuovo blitz in America per acquistare Applied Data Systems, un gruppo del Maryland che a sua volta controlla la cinese Chengdu Vantron Technology.

Dal quartier generale di Amaro, collegata con le Università di Udine, Trento e Trieste, la Eurotech, il modello più avanzato della fabbrica ultraleggera, si è allungata come una piovra nei mercati di tutto il mondo. "L'importante è non fermarsi mai, - dice Siagri, - perché l'alta tecnologia è una frontiera sempre in movimento, dove qualche concorrente, ogni giorno, riesce a fare un ulteriore passo avanti". Con la quotazione in borsa, i cinque fondatori della Eurotech sono diventati soci di minoranza, con il 25 per cento, di una società il cui pacchetto di controllo è sul mercato, a rischio scalata.

Il nostro modello è la public company, e non vogliamo rinunciare ad essere un'azienda aperta al mercato, a cominciare dalla distribuzione del pacchetto di azioni, - avverte Siagri. -Un giorno ci scaleranno? Vedremo. Intanto, siamo noi a comprare, in America come in Gran Bretagna, partendo dal Friuli Venezia Giulia. Quando partecipo alle conferenze, in giro per il mondo, sugli investimenti in tecnologia, faccio sempre la stessa domanda agli organizzatori: perché mi avete scelto? E loro rispondono cosi: perché Eurotech rappresenta un'anomalia positiva nel sistema Italia.

Il ragazzo innamorato della Luna ci ha provato gusto a sfidare gli americani, e la sua Silicon Valley l'ha costruita in una piccola fabbrica nella provincia di Udine.

Antonio Galdo


Si chiama "Fabbriche. Storie, personaggi e luoghi di una passione italiana", l'ultimo libro di Antonio Galdo, giornalista (è direttore dell'Indipendente) e scrittore. Un viaggio tutto italiano attorno agli stabilimenti, agli operai, alla gente. Dalla catena di montaggio alla tecnologia ultraspecializzata, sono state le fabbriche «di una lucida, accecante pazzia che ha stravolto i connotati dell'Italia, fino a trasformare un Paese di agricoltori e di mezzadri in una opulenta potenza industriale». Questo che pubblichiamo è il capitolo che narra la storia della Eurotech, azienda nata dal nulla ma non per caso, "messa su" da sei amici in Friuli Venezia Giulia dove ha sempre mantenuto la sede (da Majano a Amaro), che oggi «è una multinazionale dell'high-tech - come scrive Galdo - con l'obiettivo di entrare nel club della Silicon Valley».

Tutto il testo è apparso su "Il Gazzettino" il 21 Aprile 2007, pg. 12

 
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