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Merito, Dignitą, Etica PDF

MAURIZIO VIROLI per La Stampa

Princeton, le regole d’un primato 

Merito, dignità, etica: così per l’ottavo anno l’università americana batte Harvard, Yale e Chicago. Con docenti che non saltano una lezione e non arrivano in ritardo 

 

Per l’ottavo anno consecutivo Princeton è stata giudicata la migliore università americana per l’educazione che offre. Lo hanno decretato la rivista U.S. News & World Report e l’agenzia specializzata Kaplan in cooperazione con il settimanale Newsweek. Anche un terzo rapporto, prodotto dalla Princeton Review, che nonostante il titolo è indipendente dall’Università, giunge alla medesima conclusione e sottolinea la bellezza del campus e la qualità delle biblioteche. Quali sono le ragioni di un simile successo ottenuto anno dopo anno nei confronti di competitori agguerriti come Harvard, Yale, Chicago e altre ottime università? A mio giudizio le ragioni del successo di Princeton si possono riassumere nei tre principi che da sempre governano le scelte dell’Università: merito, equità, etica. Mi rendo conto che per molti lettori italiani queste parole suonano retoriche o abusate, ma dopo vent’anni di servizio in quell’università credo proprio che la forza di Princeton stia in queste tre regole, che tutti, se volessero, potrebbero seguire.

Niente raccomandati, baroni, nepotismo
Meritocrazia significa, ad esempio, che i professori di qualsiasi età e in qualsiasi ambito disciplinare, possono essere assunti, o promossi al rango superiore, solo in base a rigorosi criteri di eccellenza scientifica e didattica. La raccomandazione, il favore del barone potente, le relazioni familiari o sentimentali non c’entrano nulla. Anzi, non è neppure pensabile o possibile che possano interferire. Ho visto con i miei occhi più di una volta, e devo confessarlo sono rimasto esterrefatto, colleghi votare contro la promozione dei loro più cari amici. Così come ho visto fieri liberals, avversari giurati dei conservatori religiosi, battersi per la promozione di fervidi teocons. Errori ne fa anche Princeton, non perché promuove per ragioni improprie, ma perché valuta male la qualità del lavoro scientifico. Si tenga poi presente che l’aurea regola di Princeton è: «nel dubbio condannare», vuol dire che se l’Università non è sicura del valore di un giovane studioso non lo promuove al rango di professore con tenure (il contratto senza limiti di tempo). Se poi si accorge di aver sbagliato lo richiama.

Aiuti economici a oltre metà degli studenti
Il principio dell’equità ha due aspetti: il primo che le regole sono uguali per tutti e l’Università le fa rispettare; il secondo che è dovere dell’Università permettere l’accesso anche agli studenti meritevoli che non hanno la possibilità di pagare la retta intera (circa 40 mila dollari annui). Anche in questo caso basti un esempio. Gli studenti svolgono gli esami senza essere controllati dai professori. Si impegnano sul loro onore a rispettare le regole. Ma se si scopre che hanno ingannato, la sanzione è inevitabile e severa. Nessuno può interferire. Lo stesso vale per i professori e per gli amministratori. Per l’assistenza a chi non ha grandi possibilità economiche basti un dato: quest’anno accademico il 53 per cento degli studenti riceve aiuto economico dall’Università; il prossimo anno la percentuale passerà al 54 per cento.
Sull’etica il discorso è ancora più semplice, nel senso che i professori prendono sul serio l’insegnamento. Rarissimo che manchino una lezione se non per grave impossibilità, o che arrivino in ritardo o che non si preparino o che non siano presenti negli orari di ricevimento, o che non leggano o non commentino gli scritti degli studenti. Con mio grande stupore ho visto più volte affermatissimi colleghi abbandonare cene alle dieci di sera per essere certi di essere lucidi per la lezione del mattino successivo. Non lo fanno per paura di una sanzione o in vista di un premio, ma per dovere. Ridano pure gli scettici, ma per diventare e rimanere una grande università non c’è altra via.


La Stampa, 29 Agosto 2007

 
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