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L'America e gli americani oggi PDF
 

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E veniamo all'11 settembre... che non a caso è 11 settembre, ma poi dirà Davide...

Da giornalista ho imparato una cosa importante facendo la cronaca nera, che, tra l'altro, è semplicissima da farsi - il giornalismo politico è molto più difficile - è cioè che la vittima è sul luogo del delitto tanto quanto l'assassino. Poi, la vittima lascia un credito di giustizia che noi dobbiamo colmare, ma anche la vittima deve delle spiegazioni. Che ci faceva lì?

Per l'11 Settembre le vittime reali non devono nessuna spiegazione: erano persone su un posto di lavoro, gente che viveva il proprio quotidiano. Americani comuni. Ma, simbolicamente, il popolo degli Stati Uniti, vittima di un'aggressione folle e paranoica, deve spiegare perché un così grande Paese ha avuto maglie così sfilacciate di intelligence, di controllo dello spazio aereo, di ritardo nella comprensione degli eventi, di falla nel soccorso, di sbandamento, insomma, della capacità di contenimento dell'azione terroristica e dei danni. Di questi ragionamenti noi italiani ne sappiamo qualcosa!

Allora la prima domanda: gli Stati Uniti sono ancora, oggi, realmente una superpotenza? Eravamo abituati a considerarli una soluzione per il mondo, un faro politico, economico e anche militare. E' ancora così?

Secondo me le cose sono cambiate: siamo di fronte ad un gioco di specchi deformati dove il male viene ingigantito per ingigantire il bene. Gli Stati Uniti appaiono come una superpotenza perché si fa di piccoli paesi una minaccia assoluta. Ma in questa rappresentazione del Mondo il bene e male, alla fine, finiscono per somigliarsi. Così l'America si oligarchizza come la Corea del Nord, si impoverisce come i cubani, inventa Guantanamo che è un piccolo Afghanistan talebano, è ossessionata dalle armi come l'Iran...

Si finisce per indicare dei paesi come l'"asse del male" - corretto in "stati canaglia" o di recente da Bush in "avanguardie della tirannia" - quando in realtà sono paesi che sfiorano la fame collettiva. Si dichiara guerra all'Iraq, che in realtà è uno Stato allo sbando il cui esercito era di cartone e non il quarto più potente del mondo e con armi di sterminio di massa.
Si fa pericolosa la Corea del Nord di Kim Jong-Il, popolo allo stremo che si ritrova con un regime comunista monarchico: lì c'è la successione comunista per primogenitura. E si fomenta l'Iran sciita che è la parte migliore dell'Islam quando, invece, con l'aiuto dell'Europa e della Russia si potrebbe risolvere la questione palestinese, quella cecena e kosovara, e finirla una volta per tutte con staterelli come Cuba e Corea. E pure con questi talebani imprendibili perché scappano in motoretta e che si tingono la barba non si sa perché.
 
Si ha come l'impressione che gli Stati Uniti, oggi, allo scopo di controllare il mondo abbiano bisogno di proiettarci in una visione fantapolitica e pazzoide dove paesi poveri, dittatoriali e inconsistenti - economicamente e militarmente - vengono descritti come minacce insormontabili. E quindi si propongono scudi spaziali per chissà quale guerra intergalattica. Si prospettano continue guerre preventive, sante e infinite. 
E anche Al Qaeda, organizzazione di terroristi paranoici, viene innalzata a pericolo universale. Ogni tanto si scoprono quattro giovani insospettabili scriteriati e li si innalza a Supermen del male. E si trova sempre qualche "esperto" pronto a dire che siamo, praticamente, tutti sotto scacco. Ma bisogna osservare che, finora, perfino noi italiani siamo riusciti a contenere Al Qaeda: abbiamo fatto comunque meglio degli inglesi e degli spagnoli.

Perché ci sia il bene, dunque, occorre anche fomentare il male? Servono i diavoli per dirsi angeli custodi del Mondo? Forse gli americani si immaginano di essere "il bene assoluto" in un mondo dove c'è da combattere il "male assoluto". Ma il male assoluto e il bene assoluto presuppongono che non ci sia più Dio. (Vero Davide?)
Insomma, io dico, più che di fronte all'asse del male siamo di fronte a paesi alla deriva, sì da controllare, ma per spingerli verso la tranquillità. E dall'altra parte più che di fronte ad una vera superpotenza siamo di fronte ad un gigante che ingigantisce i pericoli. Ma il forte è forte se combatte contro i forti non contro i deboli!

Gli esperti di teoria dei giochi la chiamano "la strategia del pazzo": consiste nell'apparire irresponsabili e imprevedibili per spaventare e per mantenere il controllo. Un pazzo non si sa mai dove può spingersi.

Sembra lontanissimo il tempo di quando Curchill diceva: "se gli Stati Uniti acconsentissero a distruggere i loro stock di bombe atomiche ciò equivarrebbe ad assassinare la libertà". Oggi la Francia e, ancora più eclatante la Germania, non partecipano alla guerra in Iraq. La Spagna di Zapatero, in qualche modo, si è sfilata. E sembra lontanissimo anche il tempo quando, dopo la prima sconfitta in Corea, arrivarono sotto il comando del generale Mc Arthur perfino i turchi.

Insomma caduto il muro di Berlino sembra caduta anche la missione degli Stati Uniti che dagli anni cinquanta agli anni novanta ci ha tenuti tutti sotto tutela. E dopo l'11 settembre è finita anche la la Pax Americana.
 
Fino ad allora l'essere americani ha significato persuadersi della bontà dell'organizzazione liberale capitalistica  a prescindere dalle prove di forza. In fondo gli Stati Uniti hanno perso in Corea in una prima fase, hanno perso in Vietnam, hanno avuto presidenti e leader politici assassinati. Non si sono mai misurati contro un Paese di pari potenza e con eserciti schierati in trincea. L'adesione alla missione americana non è, quindi, adesione al più forte, al vincitore, ma convinzione e adesione a ciò che di ideale e di prestigioso l'America rappresentava in sè.

L'attacco dell'11 settembre agli Stati Uniti aveva mosso perfino i russi verso l'Occidente con ancora più convinzione. E l'appoggio dei russi per l'intervento in Afghanistan è stato fondamentale dopo l'11 settembre..... Molto più di quello italiano!

Ma l'11 settembre è stato nel cuore di New York, dunque anche la rivelazione della fragilità interna della superpotenza degli Stati Uniti e in ordine al sistema di sicurezza e simbolicamente, il World Trade Center, a quello economico. 
Uno sconvolgimento psichico per tutti da far dire che tutti eravamo americani. Anche coloro che non lo erano mai stati.
Eravamo tutti americani perché non si poteva non esserlo prima e intorno all'11 settembre.

Poi qualcosa è cambiato!



 
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