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Intervento di Giuliano Ramazzina pubblicato nel numero di Gennaio sulla rivista "Il Governo delle cose"

Verso l'alba della nuova civiltà

Credo che nell'attuale dibattito aperto su come leggere la contemporaneità per orientare una nuova  e virtuosa azione pensando ad una terza repubblica si debba partire a livello economico-politico con ricaduta sociale dalle esperienze più avanzate di "glocalismo" imprenditoriale imperniato su valori cristiani. Serve una lezione forte, vissuta sul campo con un'operatività di respiro internazionale coniugando, nell'offerta materiale e immateriale, la managerialità con la proposta creativa del made in Italy, avendo come spinta propulsiva d'idea del concorrere per essere competitivi. Solo così infatti l'esperienza può riverberarsi nella rivisitazione moderna ed etica dell'intellettuale e dell'imprenditore e dell'azione di entrambi (business ethics).

Ma dove orientare questa azione? Qual è la bussola?

In principio era la linearità. Adesso viviamo nella complessità. "La complessità è nel codice e non nella natura delle cose", sostiene Jean-Louis Le Moigne (La sfida della complessità, Feltrinelli 1985). Lineare ad esempio è la declinante informazione cartacea. Ora domina internet, la rete. E tutti i nodi vengono al pettine. Ad esempio, le liberalizzazioni sono complesse. Lineari erano le banche piene di impiegati assunti in maniera clientelare, complesse sono le fusioni nazionali ed internazionali tra istituti di credito che, abbandonate le clientele creano adesso processi di mobilità e precariato del lavoro. Complesso è il controllo dei flussi migratori delle popolazioni sottosviluppate verso aree opulente, complessa (e inquietante) è l'emergenza permanente del terrorismo dopo l'11 settembre.

E' accaduta una rivoluzione <devastante> e qualcuno non se n'è accorto. O ha fatto finta di non accorgersene per opportunismo di rendita o lobby essendo così destinato al fallimento.

L'implacabile logica del capitalismo avanzato è sintetizzata oggi nella strabiliante dinamica del mercato. O si è dentro o si è fuori mercato. Non ci sono moderate e transitorie "terre di mezzo" come vorrebbe la politica ed i politici spiazzati del radicalismo economico della locomotiva americana che ha portato all'avvento della globalizzazione. Adesso, piccolo è brutto. Vedi lo smitizzato Nordest. Forse si salva la media impresa efficiente, meritocratica e delocalizzata. Anche il fordismo del Nordovest che aveva bisogno di un'autorità come la Fiat vive una stagione di trapasso. Una situazione che si scarica sul web e sulle imprese a tre dimensioni di comunicazione: a livello locale la comunicazione è rivolta ad un'utenza domestica, a livello globale ad un'utenza su scala planetaria e a livello glocale ad un'utenza globale tenendo conto delle specificità locali di ogni mercato. Il localismo (local) ha un senso solo se coniugato, intersecato, connesso al globale (global). Chi sta sul mercato in maniera vincente è glocal. Il punto fisso dell'azione imprenditoriale è la concorrenza basata sul capitale umano e sull'innovazione. Per concorrere è necessario rinnovare gli apparati con un'opera di rieducazione avendo davanti due modelli coi quali confrontarsi in maniera critica: un sistema imprenditoriale ingessato su posizioni di rendita, inefficiente con una classe dirigente decotta e per contro un sistema liberista, che lascia fare senza regole col rischio di dimenticarsi dell'uomo, che è imprenditore e lavoratore. La rieducazione che guarda al principio della sussidiarietà, smarcata sia dallo statalismo statico sia dal liberismo selvaggio, elemento chiave per leggere il fenomeno innovazione, è legata invece al prevalere del capitale umano e alla sua predisposizione, su basi genetiche e culturali, all'eccellenza e al cambiamento.

Un  soggetto imprenditoriale che guardando la realtà cambia perchè la realtà cambiando continuamente impone un cambiamento. L'imprenditore che non guarda l'evolversi della realtà (vedi ad esempio l'emergere dirompente dei mercati cinese e dell'est) e che di conseguenza non innova è fuori mercato. E' vincente invece l'imprenditore testa e cuore, coraggioso che prende posizione.  "Il sapere - ha scritto Michel Foucault - non è fatto per comprendere, è fatto per prendere posizione". (Microfisica del potere, Einaudi 1977)

Esistono tre tipi di imprenditori in Italia: quelli che non vedono, quelli che vedono e quelli che  prevedono. Solo gli ultimi si salveranno. E' vincente chi esalta il talento, svuota le panchine e  caccia le teste, chi premia il più possibile la meritocrazia avendo come esempio il modello americano (chi vale può) e non quello persistente  nostrano doroteo-clientelare (chi può vale). La
rieducazione implica un cambiamento di mentalità, una discontinuità di comportamento. Coniugando valori laici di modernità e cristiani etico-antropologici, infatti la rieducazione rende capaci di concorrere per competere e ridisegna in dimensione glocale la figura e il ruolo dell'imprenditore oltre il declino, rilanciando virtuosamente la produttività e i "buoni affari".

La direzione giusta, la bussola, ce la indica il Patriarca di Venezia mons. Angelo Scola nell'illuminante relazione "Valore della persona e senso del lavoro: il primato del lavoro dell'uomo sul capitale". Secondo Scola, l'educazione mette in campo due capisaldi della dottrina sociale, vale a dire la solidarietà e la sussidiarietà e vede coinvolti vari attori: la persona, i corpi intermedi, le imprese e lo Stato. "Questa - ha scritto il Patriarca - è un'opera di cultura e civiltà, una nuova cultura inizia quando il soggetto si pone. E il soggetto nuovo è come l'alba della nuova
civiltà".

Giuliano Ramazzina

 
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